Premessa

 

Capitolo I

La Distribuzione del Suicidio in Sardegna

Andamento Storico del suicidio in Sardegna

Il suicidio per Sesso ed Età

Geografia Provinciale

Il Suicidio nelle Città Capoluogo della Sardegna

 


Capitolo II

Ricerca sul Suicidio in un comune rurale della Sardegna meridionale: Teulada

Andamento Storico del suicidio a Teulada

Sesso ed Età

Stato Civile

Professione

Mezzo di Esecuzione

La Ciclicità del suicidio

 

Conclusioni


 

 

 

Premessa

 

Questo studio sul fenomeno della morte volontaria in Sardegna, accompagnato dall'analisi sull'andamento del suicidio in un comune della Sardegna meridionale, tenta di evidenziare i legami tra il suicidio e la realtà socio-culturale.

L'analisi del suicidio nell'area sarda è parte integrante di una tesi che cerca di illustrare, dopo aver analizzato le teorie sociologiche che si sono susseguite a partire da Durkheim, il fenomeno in Italia e in Sardegna, cercando di interpretare i dati statistici alla luce delle ipotesi durkheimiane.

La nostra indagine non ha la presunzione di esaurire l'aspetto sociologico del suicidio, ma si è proposta di offrire un'ampia panoramica del fenomeno. Non si è voluto dare risposte certe, punti d'arrivo chiusi, ma l'analisi di una serie di dati statistici su cui basare la riflessione sociologica. Una prospettiva aperta sulle cause sociali della morte volontaria.

Abbiamo cercato di capire come il suicidio possa subire l'influenza di variabili presenti nella società. Come la società possa svolgere un ruolo determinante sull'andamento del fenomeno della morte volontaria.

 

 

 

 

 

Capitolo I

La Distribuzione del Suicidio in Sardegna

 

 

Il suicidio in Sardegna non segue l'andamento del Sud dell'Italia, si colloca in una posizione intermedia tra il Nord, che ha tassi molto elevati, e le regioni del Sud, con più bassi tassi. In Sardegna il tasso è simile alla media nazionale (circa 8 suicidi per 100,000 ab.) e, in alcuni anni, lo supera.

Nell'area sarda inizia ad aumentare dai primi anni settanta. Si è passati dai 6 suicidi per 100,000 abitanti, del 1970, a 7.32 per il 1992, con un picco di 12.56 nel 1987, quasi il doppio rispetto alla media nazionale. Secondo le Statistiche Giudiziarie, nel 1994, si è registrata una diminuzione dei suicidi, non confermata dalle Statistiche Sanitarie.

La presenza di un numero di suicidi piuttosto elevato è sicuramente da collegare all'alto tasso di disoccupazione, di alcoolismo e di tossicodipendenza presenti in Sardegna. Ma può essere ritenuta valida anche l'interpretazione durkheimiana sull'isolamento, sulla mancata integrazione sociale, in un'isola dove si assiste allo spopolamento dei piccoli centri, delle realtà rurali, che stanno attraversando uno stato di abbandono sociale, culturale ed economico.

Le peculiarità dell'andamento del suicidio potrebbero essere legate al brusco passaggio, avviato in Sardegna negli anni sessanta, da una società agro-pastorale ad una società urbana e industriale.

 

Andamento Storico del suicidio in Sardegna

 

Il fenomeno suicida nell'area sarda ha un'alta incidenza già dal secolo scorso, rispetto alle altre regioni del Sud dell'Italia. Il suicidio in Sardegna dal 1864 al 1962 (tab.n.°1), segue l'andamento nazionale.

Nella Sardegna e nel resto dell'Italia il suicidio inizia ad aumentare alla fine del secolo scorso, fino a raggiungere tassi elevati (6.53 x 100,000 ab.) nel quinquennio precedente alla Prima guerra mondiale. Nel periodo della Prima guerra mondiale il tasso di suicidio si abbassa per poi risalire negli anni 1925-30 (7.1 x 100,000 ab.), fino a raggiungere il massimo storico tra il 1931 e il 1935 (7.35 x 100,000 ab.).

Il tasso del suicidio, anche in Sardegna, varia con i grandi avvenimenti storici, politici e culturali che interessano l'intera nazione italiana.

L'andamento del suicidio nell'area sarda, assimilabile a quello presente nel resto dell'Italia, sottolinea, ulteriormente, il legame, evidenziato da Durkheim, tra suicidio, guerra e avvenimenti politici, anche in una regione come la Sardegna, isolata per le peculiarità geografiche, con una tradizione e una identità specifica.

Il rapporto maschi-femmine è, anche in Sardegna, di 3/4:1, e non presenta notevoli scostamenti dall'andamento nazionale.

I tentativi di suicidio, documentabili solo a partire dal 1955, vengono analizzati da Stefano Somogyi per gli anni 1955-62. Il tasso sardo (4 x 100,000 ab.) è inferiore alla media nazionale (circa 7 x 100,000 ab.). In questo periodo, i dati relativi ai suicidi e ai tentati suicidi, sono sostanzialmente analoghi.

 

Il suicidio per Sesso ed Età

 

Il suicidio in Sardegna, negli ultimi decenni, secondo i dati elaborati dalle Statistiche Giudiziarie, ha un andamento quasi simile alla media nazionale (tab. n.°2 - fig. n.°1). Sono presenti dei tassi molto elevati nel 1987 (12.56 x 100,000 ab.) e nel 1988 (9.24 x 100,000 ab.).

La differenza del rapporto maschi-femmine è molto alta, e, in alcuni anni, come nel 1992 e nel 1993, raggiunge il numero di 6 suicidi uomini per ogni donna suicida.

L'andamento dei tentati suicidi segue le variazioni dei suicidi. Nel periodo 1986-89 ha un tasso, per 100,000 abitanti, superiore a quattro. Non c'è però un rapporto maschi-femmine con una netta predominanza femminile. In diversi periodi il rapporto è paritario e solo per pochi anni c'è una prevalenza femminile.

Questa predominanza maschile anche nei tentati suicidi, potrebbe trovare una spiegazione nella perdita di un proprio ruolo, della propria identità, sentita con maggiore intensità dall'uomo sardo.

Si potrebbe ipotizzare che l'uomo in Sardegna soffra maggiormente della crisi della propria identità, nonostante la famiglia abbia sempre avuto, prevalentemente, una struttura di tipo matriarcale. L'uomo aveva però la convinzione di essere superiore, di essere l'unico in grado di provvedere al sostentamento della famiglia. Aveva una forma di "balentia" che esigeva fosse riconosciuta anche all'interno della famiglia, nonostante poi la donna, di fatto, teneva le redini della conduzione familiare e dei figli.

Anche in Sardegna, nei primi anni settanta, diminuisce il rapporto di mascolinità (circa 200 uomini ogni 100 donne suicide). Nel 1977 si registrano 520 suicidi uomini ogni 100 donne suicide. Negli anni ottanta e novanta il rapporto è di 3/4:1, con un picco, nel 1992, di 764 suicidi uomini ogni 100 donne suicide (tab. n.°3). La donna in Sardegna, come nel resto dell'Italia, si uccide meno.

Il suicidio è sempre più un fenomeno maschile, nonostante la maggiore partecipazione della donna alla vita sociale. L'uomo attraversa una crisi di identità, presente in tutte le società occidentali, che lo espone maggiormente al rischio di suicidio.

In Sardegna la distribuzione nelle diverse classi di età ha un andamento diverso da quello nazionale. Dall'analisi degli anni 1983-1994, fatta con i dati delle Statistiche Sanitarie, risulta una divergenza dai dati nazionali. La percentuale dei suicidi tra i settantenni e nelle classi intermedie è sempre elevata, ma c'è un notevole aumento nelle classi più basse.

La classe dei 15-24 anni ha subito un notevole incremento, da una percentuale di suicidi del 7.29%, nel 1983, è passata a 14.79% nel 1994. Nella classe dei 25-34 anni, nel 1989, c'è stato un picco del 20.52% e la percentuale dei suicidi si è mantenuta sempre alta, come pure è avvenuto nella classe dei 35-44 anni (tab. n.°4 - fig.n.°2).

 

Geografia Provinciale

 

Le province della Sardegna hanno una diversa distribuzione del suicidio. L'analisi sull'andamento delle morti volontarie negli anni 1983-94, nelle province sarde, mostra la presenza di tassi piuttosto elevati, superiori alla media nazionale.

In questi anni la provincia di Nuoro ha i tassi più alti, anche se, nel 1995, il valore è di poco superiore a quello di Cagliari (tab. n.°5 - fig.n.°3). I dati utilizzati provengono dalle Statistiche Sanitarie che presentano un tasso di suicidio molto elevato rispetto alle Statistiche Giudiziarie.

Nelle quattro province sarde c'è un notevole incremento del numero delle morti volontarie. Il tasso della provincia di Sassari, passa dal 7.27, del 1983, al 8.27 per 100,000 ab., del 1994, con un picco di 10.9 nel 1993. Nella provincia di Nuoro l'aumento è superiore, si passa dal 9.41 (1983) al 13.91, con un picco di 17.66 nel 1987. La provincia di Oristano presenta un tasso di 7.63 nel 1983, e nel 1993 di 8.24. Nel 1994 il tasso è molto elevato, pari a 11.41 per 100,000 abitanti. La provincia di Cagliari passa da 9, nel 1983, a 13.25, nel 1994, che rappresenta il valore più elevato negli anni considerati.

La presenza di tassi molto alti nella provincia di Nuoro, quella più interna della Sardegna e più intrisa di valori agro-pastorali, è indicativa della crisi presente in queste realtà sociali. C'è sempre un legame tra la crisi attraversata da una società e il dilagare del fenomeno suicida, come sosteneva Durkheim.

 

 

Il Suicidio nelle Città Capoluogo della Sardegna

 

Le statistiche ufficiali sulla distribuzione del suicidio nelle città sarde, capoluogo di provincia, vengono riportate nella "Collana d'informazione", pubblicata dall'ISTAT, per gli anni 1984-88. Questa pubblicazione approfondisce l'analisi di alcune variabili, tra le quali l'andamento del suicidio nelle città.

Nelle città sarde, capoluogo di provincia, c'è un significativo aumento del suicidio. Ad Oristano il tasso è quasi triplicato, è passato dal 6.31 del 1985 al 15.46 per 100,000 abitanti del 1988. Nella città di Nuoro c'è un tasso di poco più basso (5.26 per 100,000 ab.) degli altri capoluoghi. Sassari ha un tasso superiore a Nuoro, con il 6.68 nel 1988. Cagliari, nello stesso anno, ha un tasso di suicidio di 10.89, al secondo posto tra le città sarde. Oristano passa dal 6.31 del 1985 al 15.46 del 1988 e rappresenta la città dell'Italia meridionale col maggior numero di suicidi (tab. n.°6).

Oristano è una città con caratteristiche più rurali che urbane, dove coesistono diverse realtà culturali e sociali. Questo non essere paese, non essere città, questo carattere di indefinitezza, il carente sentimento di una propria identità culturale e sociale, potrebbe essere alla base della presenza di un numero di suicidi così elevato.

La città di Nuoro, nel periodo analizzato, ha in media il tasso più basso (fig.n.°4), anche se la provincia ha dei tassi molto elevati. Nuoro è una comunità con un'identità, profondamente radicata nella vita del singolo individuo. Crediamo che questa identità stia alla base della forte integrazione sociale presente nella città, che si manifesta nel mantenimento dei propri valori anche al di fuori della stessa comunità di appartenenza.

Talvolta, l'affermazione della propria identità sfocia in un isolamento culturale e sociale, come avviene nelle piccole comunità del nuorese, o, comunque, nelle comunità molto chiuse e isolate. Potrebbe essere il caso del comune di Teulada che, per caratteristiche geografiche, è un paese molto isolato.

Cagliari, nonostante l'alto tasso di tossicodipendenza e le caratteristiche di agglomerato metropolitano, presenta tassi piuttosto elevati, ma non raggiunge i valori presenti in una città di provincia come Oristano. Questo potrebbe avvalorare l'ipotesi di una minore frequenza di suicidi nelle grandi città, dove aumenta la possibilità delle relazioni interpersonali, degli incontri culturali, associativi, etc., che inseriscono l'individuo nel proprio substrato sociale, che limitano l'isolamento, indicato da Durkheim come una delle maggiori cause di suicidio. Nella grande città, la presenza di reti formali e informali avrebbe un ruolo molto importante nella prevenzione del suicidio.

 

 

 

Capitolo II

Ricerca sul suicidio

in un Comune rurale della Sardegna meridionale: Teulada

 

La ricerca empirica sul suicidio, effettuata nel comune di Teulada nel mese di febbraio del 1998, analizza le morti volontarie avvenute in questa comunità negli anni 1950-97.

Teulada è un paese della Sardegna meridionale. La popolazione, nell'ultimo decennio, supera di poco i 4000 abitanti. L'isolamento geografico e l'esistenza abitazioni dislocate nelle campagne (habitat disperso) hanno permesso il mantenimento di alcune specificità socio-culturale.

Dagli anni cinquanta il paese ha subìto profonde trasformazioni. La modernizzazione della rete viaria, l'installazione della base militare, alla fine degli anni cinquanta, e l'emigrazione hanno trasformato l'economia rurale di questa comunità. La popolazione che vive nelle campagne è ormai una minoranza.

Teulada è una comunità rurale, che, come altri comuni isolati della Sardegna, ha subito l'influenza sociale e culturale dell'urbanizzazione. I rapporti di solidarietà, gli stretti legami di vicinato vengono rovinati dall'influenza della città.

La presenza di un habitat disperso mostra però una forma di isolamento già presente prima che la modernizzazione trasformasse le strutture economiche della comunità. Le persone che abitavano in campagna con l'intera famiglia andavano in paese solo una volta alla settimana, per cui i rapporti sociali erano piuttosto limitati.

Gli obbiettivi della ricerca sono quelli di documentare l'effettiva presenza di un numero elevato di suicidi in un paese, per caratteristiche geografiche, isolato dalla realtà socio-culturale circostante.

L'indagine viene effettuata utilizzando i registri per causa di morte e i registri di morte dell'ufficio anagrafico comunale. Sono stati rilevati, per ogni caso, la data di nascita, l'ora e la data di morte, il comune di nascita e di residenza, la professione, lo stato civile e il mezzo utilizzato per il suicidio.

La scelta di questo comune non è casuale. Rappresenta uno dei paesi che, secondo la tradizione popolare, avrebbe un alto tasso di suicidi, già nel secolo scorso.

L'immagine che il suicidio a Teulada sia molto frequente, diffusa anche al di fuori dei confini comunali, è accompagnata da uno stereotipo a livello di cultura locale. Questo paese viene definito da alcuni come luogo predisponente al suicidio.

L'imitazione potrebbe essere considerata una concausa, ma si potrebbe attribuire una funzione determinante al fatto che il suicidio venga riconosciuto e approvato da molti come mezzo risolutore dei problemi presenti in una società. L'isolamento potrebbe aver favorito il concretizzarsi di questa ipotesi.

Sarebbe stato interessante verificare la tesi di un'accettazione del suicidio come metodo approvato dalla comunità per la risoluzione della sofferenza individuale e sociale.

Negli anni considerati, 1950-1997, si sono verificati venti casi di morte volontaria, di cui diciannove sono uomini e una sola è donna. Diciotto hanno utilizzato come mezzo l'impiccagione, uno l'annegamento e uno l'arma da fuoco.

Il fenomeno del suicidio a Teulada non segue l'andamento nazionale. Negli anni settanta c'è stato un lieve aumento, con una diminuzione negli anni ottanta, in cui si sono avuti solo due casi morte volontaria.

Dal 1990 a 1996 sono stati registrati otto suicidi, quasi la metà di quelli che si sono verificati in un cinquantennio. In questo periodo il tasso medio è di 25 per 100,000 abitanti, che dovrebbe essere raddoppiato se rapportiamo il numero dei suicidi (sono tutti uomini) solo alla popolazione maschile.

Un numero così elevato non può essere casuale. L'interpretazione sociologia può attribuirlo all'aumento dei tassi di disoccupazione, alla minore integrazione sociale, all'isolamento delle comunità rurali, che coinvolgono tutta la Sardegna. Sicuramente a Teulada esiste una forma di "accettazione storica" del suicidio, una soluzione condivisa, anche se in modo informale dalla comunità.

Le caratteristiche geografiche, storiche, culturali e sociali sembrano concorrere nel determinare un andamento peculiare degli aspetti quantitativi e qualitativi del suicidio nel comune di Teulada.

 

 

Andamento Storico del suicidio a Teulada

 

I suicidi nel Comune di Teulada, negli anni 1950-1997 da noi considerati, non hanno un andamento costante. Dal 1950 al 1958 non si è verificato nessun caso, con un solo suicidio in tutto il decennio. Negli anni sessanta ci sono stati 4 casi. Negli anni settanta 5 casi. Nel decennio successivo si sono verificati solo due casi, uno nel 1981 e l'altro nel 1989. Si sono concentrati dal 1990 al 1996. In questi sette anni si contano 8 dei 20 suicidi avvenuti nell'intero periodo considerato (tab. n.°7).

Il rapporto tra il numero delle morti volontarie e 100,000 abitanti mostra chiaramente l'alto tasso di suicidio di questa comunità. In alcuni anni, come il 1995, raggiunge il 45 per 100,000 abitanti, che, se rapportato alla popolazione maschile di quell'anno (2262), arriverebbe a 89 per 100,000.

Il tasso di suicidio a Teulada è quasi doppio se consideriamo la presenza di un unico caso di suicidio femminile. È avvenuto nel 1976 e riguarda una donna di 71 anni morta per annegamento.

L'elevato numero di suicidi presente nella prima metà degli anni novanta non rispecchia l'andamento nazionale che ha avuto un aumento progressivo a partire dagli anni settanta.

L'incremento dei suicidi è avvenuto in un periodo in cui l'isolamento geografico dovrebbe avere minore influenza sulla vita socioculturale del paese. Teulada è diventata una comunità più aperta all'esterno, ma la presenza di un elevato numero di pensionati, di anziani, tra i suicidi, lascia intravedere una forma di isolamento interno, una mancanza di solidarietà, tipica della società moderna e industriale descritta da Durkheim. Quei rapporti di vicinato, fulcro delle solidarietà presenti nelle piccole comunità rurali, potrebbero essere stati intaccati dall'influenza cittadina.

La presenza della base militare. con un continuo afflusso di persone estranee, potrebbe aver determinato una maggior chiusura sociale della comunità. Questa chiusura può aver influenzato anche i rapporti tra gli stessi paesani.

 

 

Sesso ed Età

 

Il suicidio a Teulada può definirsi come un fenomeno maschile, infatti sui venti casi registrati tra il 1950 e il 1997, c'è un solo caso di morte volontaria femminile, avvenuta nel 1976.

In questa comunità non si può fare un confronto col rapporto maschi-femmine presente a livello nazionale. Non esiste alcuna relazione con l'andamento generale italiano.

L'età media maschile dei suicidi non è molto elevata, è di 59 anni. Non è sostanzialmente corretto stabilire l'età media femminile, data la presenza di un unico caso avvenuto all'età di 71 anni (tab. n.°8).

L'andamento del suicidio per classe d'età, nei maschi, mostra una maggiore frequenza tra i 71-80 anni, con 7 suicidi. Tra i 51-60 anni si sono verificati 4 suicidi, 3 tra i 31-40 anni, 2 tra i 61-70 anni e tra gli ultra-ottantenni. Non ci sono stati dei casi tra i minori di 20 anni e nella classe dei 41-50 anni (tab. n.°9). In termini assoluti si sono quindi suicidati più maschi in età compresa tra i 50 e gli 80 anni, 13 casi dei 19 considerati.

Alla luce dei dati possiamo affermare che il suicidio a Teulada riguarda prettamente gli anziani. La classe dei 71-80 anni annovera il maggior numero di suicidi. La presenza di un tasso elevato di suicidi in questa classe d'età potrebbe rivelare un profondo disagio degli anziani nel mantenimento dei rapporti sociali. La perdita di un ruolo attivo all'interno della società potrebbe essere alla base di un isolamento sociale che avrebbe poi portato alla scelta del suicidio.

Un'interpretazione durkheimiana definirebbe la presenza di un alto tasso di morti volontarie tra i settantenni in termini di isolamento sociale e culturale, in una piccola comunità dove, invece, dovrebbero essere maggiormente sentiti i legami di solidarietà tra i suoi abitanti.

 

 

Stato Civile

 

Il numero maggiore di suicidi, in termini assoluti, si trova tra i coniugati. Questo potrebbe significare che le persone sposate si uccidono di più, dato che la popolazione dei coniugati è sempre più numerosa, ma complessivamente i celibi e i vedovi hanno una percentuale più elevata.

Nel periodo considerato (1950-97), le persone morte suicide legalmente sposate sono 8 (tra queste si trova l'unica donna suicida) e rappresentano il 40% del totale; i vedovi sono 6, come pure i celibi, e ciascuno rappresenta il 30% del totale (tab. n.°10).

Bisognerebbe sempre valutare con cautela l'incidenza dei celibi per la mancata registrazione degli individui conviventi. Anche se a Teulada, come negli altri piccoli centri della Sardegna, la convivenza è una condizione piuttosto rara per la presenza di un'aperta condanna socioculturale .

L'alta percentuale dei celibi e dei vedovi evidenzia il maggior rischio di suicidio tra questi individui, più esposti all'emarginazione sociale e, quindi, all'isolamento, anche in una piccola comunità apparentemente integrata.

La famiglia, anche a Teulada, costituisce una forma di preservazione dal suicidio, così come viene definita dalla monografia durkheimiana.

 

 

Professione

 

La condizione lavorativa svolge, anche a Teulada, una funzione molto importante nella prevenzione del suicidio. Sui 20 casi, avvenuti nell'ultimo cinquantennio, 8 sono pensionati, che rappresentano il 40% del totale, 3 si sono ritirati dal lavoro (15%), una è casalinga (5%). Il restante 40% è rappresentato da 2 contadini, 2 allevatori, 1 operaio, 2 manovali e un muratore (tab. n.°11).

L'analisi della condizione lavorativa pone in evidenza l'alta incidenza di suicidi tra le persone appartenenti ad una categoria non più produttiva. Il 60% riguarda le forze non lavoro (tab. n.°12).

L'appartenenza alle classi sociali più deboli è rivelatrice dell'isolamento sociale a cui vanno incontro i soggetti che non ricoprono più un ruolo decisionale all'interno della comunità. La consapevolezza della perdita del proprio ruolo familiare e sociale può determinare nell'individuo una forma di aggressività che, nel caso di suicidio, si rivolge verso se stesso.

L'alta incidenza di forze non lavoro nelle morti volontarie, riscontrabile anche nel resto dell'Italia, evidenzia, la presenza, anche a Teulada, di una comunità poco attenta ai bisogni delle persone più deboli, poco attenta a migliorare la loro qualità di vita e a recuperare qualche forma di solidarietà sociale.

 

 

Mezzo di Esecuzione

 

Il metodo di esecuzione più utilizzato a Teulada per il suicidio è rappresentato dall'impiccagione. Dei 20 casi, avvenuti negli anni 1950-97, solo due individui non hanno utilizzato questo mezzo. Uno ha adoperato un'arma da fuoco, l'altro, una donna, si gettata in un pozzo (tab. n.°13).

L'utilizzo di un metodo cruento come l'impiccagione e l'arma da fuoco rivela sicuramente la determinazione del suicida, l'effettiva volontà di morire, senza darsi una possibilità di salvezza.

La quasi assoluta prevalenza dell'impiccagione come metodo suicida potrebbe far supporre quasi un'accettazione da parte degli abitanti verso questo mezzo. Come se l'utilizzo di un altro metodo potesse far nascere una qualche forma di disprezzo da parte degli stessi concittadini. È significativo che delle due persone che non hanno scelto l'impiccagione una fosse donna e l'altra si sia suicidato a Torino, in una realtà diversa.

Questo fatto potrebbe essere indicativo della chiusura sociale e culturale di un paese isolato dal punto di vista geografico. La maggiore presenza di vie e di mezzi di comunicazione, l'affluenza continua di popolazione "straniera" non avrebbe intaccato il loro codice di comportamento, non avrebbe modificato positivamente l'isolamento geografico e sociale.

 

 

La Ciclicità del suicidio

 

La ciclicità del suicidio, con una costante prevalenza in alcuni mesi dell'anno, aprile, maggio, giugno, e nelle ore diurne, viene individuata da Morselli e da Durkheim nel secolo scorso.

A Teulada l'andamento stagionale della morte volontaria non segue la frequenza presente nel resto dell'Italia e degli altri paesi europei.

La massima concentrazione si registra nel mese di febbraio con 7 (35%) dei 20 suicidi considerati ( tab. n.°14 - fig. n.°5). È curioso che i 5 casi, presenti tra il 1992 e il 1995, siano avvenuti tutti nel mese di febbraio. A novembre sono avvenuti 3 suicidi, a maggio, a giugno e a luglio 2 in ogni mese.

La frequenza più elevata di suicidi a Teulada si registra nei mesi autunnali e invernali. Questo andamento mette in crisi tutte le teorie sulla maggior frequenza primaverile ed estiva legata all'acutizzarsi della depressione e delle malattie psichiatriche. Decade anche l'ipotesi durkheimiana che attribuisce la maggior incidenza, in questi periodi dell'anno, alla lunghezza delle giornate.

Nonostante la mancata conferma sulle ipotesi di casuaità nella ciclicità del suicidio nel comune di Teulada, esiste sicuramente un rapporto tra il suicidio e l'incidenza maggiore in alcuni mesi. Non può essere casuale la concentrazione dei suicidi nel mese di febbraio, in un arco di tempo così ristretto.

Anche sulla scelta dell'ora a Teulada c'è un andamento che fa eccezione. Il numero più alto dei suicidi si riscontra nelle ore notturne, mentre solitamente la frequenza più elevata si ha nelle ore diurne.

Questo andamento ciclico del suicidio, sia mensile che giornaliero, esprime una specificità del fenomeno a Teulada.

La scelta del mese e dell'ora potrebbe essere collegata alla vita sociale, familiare e lavorativa presente nella comunità. Infatti il suicidio essendo una scelta individuale strettamente connessa con la rete dei rapporti sociali instaurati dal soggetto, non può essere slegata dal contesto sociale in cui viene maturata la decisione di morire.

 

 

 

Conclusioni

 

La ricerca effettuata nel comune di Teulada, per gli anni 1950-97, evidenzia un disagio personale e collettivo acutizzatosi negli ultimi otto anni. La prevalenza dell'attività non lavorativa tra i suicidi, la costanza nell'utilizzo dell'impiccagione come mezzo di esecuzione, la prevalenza dei vedovi e dei celibi rappresentano sicuramente dei segnali dell'isolamento sociale presente in questo comune.

Gli abitanti di Teulada sono consapevoli dell'alto tasso di suicidi presente nel loro paese, ma non viene attivato nessun servizio che possa essere utile nella prevenzione del fenomeno, forse nel timore che la conferma dell'alta frequenza dei suicidi possa aumentarne il rischio.

Un'analisi del problema, un coinvolgimento della popolazione nella comprensione del fenomeno suicida e l'attivazione di servizi sociali e culturali, potrebbero effettivamente limitare il rischio del suicidio.

La presenza di un'alta percentuale di suicidi a Teulada non è isolata, ma accomuna diverse realtà rurali italiane, anche se non è possibile dire con certezza che in campagna sia maggiormente diffuso il fenomeno suicida.

L'aumento del tasso di suicidio nelle zone rurali, in Sardegna, potrebbe essere ricondotto all'isolamento che queste realtà stanno vivendo.

Le statistiche ufficiali non fanno nessuna distinzione tra il numero dei suicidi nelle zone urbane e nelle zone rurali. I dati sono generalmente aggregati per provincia e regione. Inoltre, non si possono fare dei confronti fra i dati ISTAT e le altre rilevazioni non ufficiali, come questa, ma si può evidenziare la più alta incidenza di suicidi nelle zone di provincia piuttosto che nelle città capoluogo.

È difficile definire la presenza di una migliore qualità di vita in città, capace di arginare il fenomeno suicida. Stabilire se si viva maglio in città o in campagna. I parametri di paragone sono troppo diversi . Le persone che abitano in queste due realtà hanno degli stili di vita e dei riferimenti sociali e culturali differenti.

Lo spopolamento delle campagne è continuo e gli individui che vi abitano sono soprattutto vecchi, ma anche molti disoccupati. Si assiste ad un degrado sociale e culturale con una perdita dell'identità specifica della popolazione della Sardegna.

La carenza di una propria specificità culturale e sociale, che l'influenza cittadina e i mezzi di comunicazione, soprattutto televisivi, hanno contribuito a distruggere, sicuramente contribuisce ad aggravare lo stato di isolamento.

La solitudine e la mancanza di reti di solidarietà sociale, descritte da Durkheim, sono in grado di contribuire all'affermazione di forme estreme di rifiuto della vita sociale e comunitaria.

La ricerca empirica effettuata a Teulada, per gli anni 1950-97, illustra la presenza di alcune peculiarità in questo Comune nell'andamento del fenomeno. Il suicidio rappresenta un fenomeno maschile e il mezzo privilegiato è impiccagione. Se tali differenze dall'andamento nazionale possono essere definite un'eccezione, è poco credibile che ciò avvenga casualmente. Abbiamo ipotizzato la presenza di un'accettazione sociale del suicidio da parte della comunità. Questa ipotesi potrebbe essere avvalorata dall'isolamento geografico del Comune di Teulada.

La presenza di un alto numero di anziani, tra i suicidi, è indicativa della mancanza dei legami di solidarietà, dei rapporti di vicinato, caratteristici delle piccole comunità rurali, forse intaccati dall'influenza cittadina.

L'isolamento e una carente integrazione sociale sembrano comparse anche nelle zone interne del Meridione, antropologicamente e tradizionalmente ancorate a strutture sociali caratterizzate da forti legami di solidarietà.

L'educazione permanente della società potrebbe essere il rimedio sociologico, non condiviso da Durkheim, al dilagare del fenomeno. È necessario capire l'importanza di una propria identità sociale e culturale, dei legami di solidarietà, del valore della vita stessa, per prevenire il suicidio.

La presenza di legami sociali, delle trame solidali che uniscono l'individuo al gruppo, l'integrazione sociale può essere considerata di primaria importanza nella prevenzione del suicidio. Una prevenzione che non dovrebbe essere vista non come un divieto, una condanna, ma un aiuto, un legame di solidarietà che vada oltre l'indifferenza che caratterizza la nostra società contemporanea.

Perché, se come dice Durkheim il suicidio si verifica per la mancanza dell'integrazione sociale dell'individuo, non è attraverso la colpevolizzazione che si combatte questo fenomeno. È necessario parlarne, capirne le motivazioni, i meccanismi. È importante conoscere le implicazioni sociali del suicidio per liberarlo dall'alone di mistero che lo circonda.

Bisognerebbe favorire un'elaborazione collettiva del problema suicidio per distruggere l'immagine di paura e di vergogna che ancora lo accompagna. Bisognerebbe favorire una disponibilità a parlarne, a capire perché si verifica, a cogliere le relazioni con gli altri problemi presenti in una comunità.

Durkheim proponeva una ricostruzione delle Corporazioni dei Mestieri. Nella nostra società si potrebbe ipotizzare la formazione di reti di solidarietà. L'apertura di centri sociali e culturali sociali, che svolgerebbero sicuramente una funzione di integrazione sociale molto importante.

Riteniamo che la famiglia, già individuata da Durkheim come profilattica nei confronti della morte volontaria, potrebbe svolgere un ruolo determinante nella prevenzione del suicidio. La famiglia intesa come luogo in cui esista una forte solidarietà, una forte integrazione sociale. Ma solo se all'interno di essa esiste una condivisione di valori, un dialogo tra i suoi componenti, può essere presente una forma di prevenzione del suicidio.

Anche la scuola può svolgere un ruolo molto importante se oltre che essere luogo di istruzione, diventa luogo di condivisione di valori sociali.

La scuola non può negare il problema del suicidio, presente nella nostra società, se vuole prevenirlo. Bisogna che gli insegnanti parlino con gli studenti delle implicazioni sociali e individuali del suicidio, delle cause favorenti l'incidenza e la diffusione, con una preparazione adeguata, per arginare il dilagare del fenomeno della morte volontaria.

L'integrazione dell'individuo nei diversi gruppi sociali a cui appartiene, come la famiglia e la scuola, può essere alla base della costruzione di una fitta rete di legami sociali, per la costituzione di quei rapporti di solidarietà che inseriscono l'individuo nel tessuto sociale di cui fa parte, nella comunità in cui vive. Il suicidio varia in ragione inversa a grado di integrazione dei gruppi sociali di cui l'individuo fa parte.

L'uomo deve costruirsi dei legami di solidarietà validi. Deve acquisire una propria identità culturale e sociale nella quale riconoscersi. L'individuo deve riappropriarsi della propria vita, se vuole appropriarsi della propria morte. Solo accettando il suo "essere per la morte", il limite e la finitezza della vita, come sostiene Heidegger, l'uomo può entrare in un'esistenza autentica.