Riflessioni operative(aprile 1996, presentate all' autorità accademica)
Le esperienze di questo ultimo anno accademico (1994/1995), concluso con la sessione straordinaria u.s., confermano la necessità assoluta di offrire un percorso didattico agli studenti che si sottopongono alla Prova di Informatica.
Il corso è indispensabile non soltanto perché deve essere un servizio reso istituzionalmente in quanto gli studenti pagano le tasse, ma soprattutto deve essere un momento importante e fondamentale, in questi anni ormai prossimi al XXI sec., del processo formativo in cui sono o dovrebbero necessariamente ed elettivamente essere presenti gli studenti di Scienze dell' Educazione, iscritti alla Facoltà di Scienze della Formazione.
Quando nell' anno accademico 1993/94 mi venne affidato con decreto rettorale l'incarico/supplenza di Informatica nel nuovo corso di Laurea di Scienze dell' Educazione, mi resi conto della grande difficoltà che gli studenti del corso di laurea incontravano nel confrontarsi con il nuovo "Golèm", soprattutto nel modo di intendere e di applicare i contenuti che questo propone.
Infatti perché un processo di formazione della persona possa avviarsi, questo può essere facilitato se si possiedono salde e solide radici culturali oppure se si è in grado di attingere a queste.
Il background, la sensibilità di percepire il nuovo oltre il folklore casual del momento, mancava: sarebbe stato necessario profondere entusiamo e impegno per avviare in forma semplice, quasi naturale e spontanea, un percorso che comunque si legga sarebbe stato anche e soprattutto di tipo esistenziale e non soltanto di crescita e di evoluzione individuale e collettiva di tipo tecnologico.
L' interruzione (sic!) dell' attività istituzionale ha bloccato il tentativo di costruire modelli culturali in grado di modificare un trend disastroso e certamente ha aggravato problemi vecchi e nuovi.
Quel poco di attività didattica, che da quel momento ufficiosamente è stata realizzata casualmente e sulla base di richieste estemporanee, ha evidenziato negli studenti ulteriori e più gravi difficoltà per la presenza di problemi legati al disorientamento strutturale sia normativo, perché mancano chiare regole di riferimento curricolare, sia culturale, perché essi sono oppressi da una sorta di overload tambureggiante e caotico di informazioni che devono essere acquisite per poter superare la Prova e che in un contesto simile sono estremamente dannose perché si ottiene il collasso culturale.
Gli studenti quindi pongono domande negli anditi o dove capita, perché manca un referente istituzionale e chiaro a cui indirizzare sistematici quesiti e con il quale costruire un sistema organico di atti preparatori e forse pedagogicamente idonei ad integrarsi nei vari curricula.
Quando talvolta lo studente utilizza termini linguistici legati alla tecnologia informatica, questo quadro di riferimento è disorganico e talvolta è anche privo di senso perché soffre di una sorta di imprinting esterno e marginale in cui i termini sono fortemente approssimati e hanno quasi sempre soltanto il suono (ad es. standar, colpiuter, conpiuter, imput, aoutput etc.) e sono privi di significato e contenuto perché non sono sottoposti al processo di elaborazione formativa in cui l' intimo della persona diviene e si costruisce.
Questo stato di cose è stato poi ampiamente confermato nel momento in cui sono state realizzate le prove scritte (tre nel corso dell' anno accademico u.s.) valutative del livello di idoneità dei singoli studenti.
Dalla correzione degli elaborati si conferma, seppure fosse stato necessario attendere lo screening di massa, il risultato atteso e cioé un livello di ignoranza tra gli studenti che ha radici profonde e in cui il fai da te ha effetti devastanti perché le linee di sviluppo non seguono alcun progetto educativo e formativo, con le conseguenze che si possono immaginare per il livello culturale dello studente di Scienze dell' Educazione, il cui scopo dovrebbe essere quello di formarsi per poter formare.
Deve essere chiaro che la rivoluzione che investe l' informazione, la sua rappresentazione (codificata) e la comunicazione, evidenzia i limiti delle strutture conoscitive e operative di ciascuno di noi laddove non si possiedano gli strumenti corretti e le basi di conoscenza necessarie senza le quali si rischia concretamente di smarrire anche la propria memoria, perché i luoghi di questa saranno presto allocati ove anche la perdita o l' indisponibilità dei mezzi di accesso smaterializzerà i nostri ricordi riportandoli alla condizione di plasma primordiale e indistinto: senza la chiave non si possiede neppure la serratura per penetrare nello scrigno di questi ricordi.
Il deposito della nostra storia personale o collettiva, il vettore su cui agire per rappresentare e comunicare diviene ogni giorno che passa sempre più criptico: linguaggi orientati agli oggetti, funzionali, dichiarativi, ipertestuali, linguaggi come Java o linguaggi di grafica tridimensionale in rete come VRML etc. o packages come Delphi sono i mezzi con i quali dovremo esprimerci; non sono più quindi la tavoletta d' argilla o di legno ricoperta di polvere o il papiro o i codici cartacei o pergamenacei i supporti su cui registrare con immediatezza i segni del nostro divenire e del tempo della storia e non è più neppure il soroban il mezzo con cui far di conto, ma sono le stesse norme che ci permettono di conoscere, implementate in un particolare sistema-macchina, che rappresentano la struttura codificata del nostro tempo e delle nostre relazioni.
Da quanto esposto discende quindi che il termine Prova di Informatica se da un lato indica un declassamento rispetto a corsi accademici istituzionali [Informatica Generale o Fondamenti di Informatica che esistono in altre Facoltà del nostro Ateneo (ad es. Economia e Commercio o Ingegneria )] dall' altro lato presuppone comunque l' esistenza di un corso in grado di mettere in evidenza, in associazione alle tecniche di gestione del software e dell' hardware, il processo culturale in atto, in cui ad es. moderno e postmoderno, con la "seconda oralità elettronica"(W. Ong, Interfacce della parola, 1989; v. ancora Progetto Manuzio e Progetto Gutenberg), si confrontano.
Questo corso di informatica potrebbe scaturire dai contenuti umanistici delle discipline insegnate nella Facoltà di Scienze della Formazione [questo avviene nel Corso di Laurea di Scienze dell' Educazione dell' Università di Firenze (A. Calvani, Tecnologie dell'Istruzione)] e chiamarsi ad es. Informatica Umanistica così come l' Informatica Giuridica e l' Informatica Medica sono presenti in altre Facoltà dello stesso Ateneo cagliaritano o come la stessa Informatica Umanistica è in fase di avvio presso altre Università italiane (il Dipartimento di Storia dell' Università di Firenze, senza pensare ai WebSites di altri centri di ricerca umanistici, ha la sua e-mail: Storia@CESIT1.UNIFI .IT).
Il corso deve essere in grado di fornire agli studenti della Facoltà di Scienze della Formazione sia la certezza di appartenere alla stessa comunità universitaria e di avere per questo gli stessi diritti degli altri studenti sia gli elementi e i fondamenti di una disciplina che non può essere trattata diversamente dal momento che secondo una prima e possibile definizione questa è la scienza della rappresentazione e della elaborazione dell' informazione, anche umanistica, a cui è necessario aggiungere, e ne consegue, che l' informatica riguarda inoltre lo studio, la sistemazione teorica, la realizzazione e l' applicazione degli algoritmi e loro implementazione e descrizione in un linguaggio di programmazione che un sistema-macchina è in grado di comprendere.
Quindi non si tratta di prova o di esame legato alle tecnologie dell' Informazione dove si sarebbe potuto trattare di tutto, dai talk-shows ai meetings o alla carta stampata, ma di una disciplina i cui contenuti fondamentali (processi logici e architetture di base) rimangono e hanno profonde radici linguistico-matematiche, filosofiche e culturali ampie che superano i tecnicismi di un mercato instabile e fortemente dinamico, caratterizzato da una innovazione esterna e user-friendly dei sistemi software-hardware anche complessi.
Non bisogna imparare perciò a decodificare soltanto i singoli segni della scrittura che altri con i diversi softwares hanno lasciato e che si evolve velocemente nel tempo, ma ciascuno di noi deve imparare le norme che servono ad impostare l' intero sistema di rappresentazione dei simboli della nostra conoscenza e della sua comunicazione.
Con l' ignoranza delle linee guida che l' informatica propone, emerge un nuovo e più colonizzante analfabetismo che la scolarizzazione di questi ultimi decenni sembrava aver ridotto e in cui chi sa scrivere sa anche leggere i contenuti della forma, mentre chi sa leggere solo il segno non sa scrivere e non ne conosce il contenuto, in un ritorno al passato in cui era necessario affidarsi ad altri per esprimere le proprie idee: cioé si potrà determinare una struttura sociale in cui gli elementi dei vari gruppi o tipologie di appartenenza allo status subiranno vincoli rigidi e chiari della loro categoria nei confronti della oligarchia dei system managers, per cui la forza delle idee non potrà essere manifestata da chi non possiede lo strumento, il calamo con cui segnare la tangibilità della propria persona e delle proprie idee con un linguaggio adeguato. Marco Schirru